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I giardini della villa arciducale poi reale di Monza sono stati realizzati dall’architetto Giuseppe Piermarini tra il 1778 e il 1783, dapprima con impianto formale, ispirato alla moda francese, secondo un grande disegno geometrico e regolare, in seguito ampliato al fine di proporre una percezione unitaria con il paesaggio circostante. Il ruolo di precursore assunto dal Piermarini nella realizzazione di un’area dei giardini secondo lo stile importato dall’Inghilterra, apparentemente naturale anche se frutto di una precisa progettazione, è attestato da Ercole Silva nel trattato Dell’arte dei giardini (1801, 1813), che lo identificava come «il primo […] a dare saggio de’ giardini inglesi», pur nella scelta di compromesso con il giardino formale. 

Mentre il parterre geometrico era la soluzione più idonea ad esaltare il potere e la magnificenza del principe, la novità del nuovo stile attestava l’aggiornamento del progettista e del committente Ferdinando d’Asburgo sulle tendenze stilistiche e culturali internazionali, accessibili grazie alla ricca biblioteca del Ministro Firmian, che contemplava anche alcuni testi di giardinaggio, e al ricordo manoscritto del viaggio intrapreso tra il 1783 e il 1786 da Ercole Silva, attraverso Francia, Svizzera, Olanda, Inghilterra e Germania.

La pregevolezza dei giardini e il loro immenso valore culturale, motivati dall’intervento di un professionista d’eccezione coadiuvato da giardinieri inviati da Vienna per volere di Maria Teresa d’Austria, è attestata dalla loro fortuna iconografica. Le restituzioni di particolari o le vedute d’insieme realizzate da pittori e incisori fin dall’epoca della loro realizzazione, trovò particolare impulso grazie alla consapevolezza della loro importanza quale caposaldo italiano del nuovo stile, supportata dalla politica culturale promossa dagli Asburgo e dalla committenza di Eugenio di Beauharnais. 

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Le numerose incisioni, i dipinti e le riprese fotografiche dei vari elementi di arredo e soprattutto del romantico laghetto, con il tempietto realizzato dall’architetto Piermarini, sono in grado di restituire la bellezza di un luogo in cui il tempo ha apparentemente cessato di scorrere.

L’attuale varietà botanica, con esemplari di pregio, è il risultato dell’accurato lavoro di sapienti giardinieri, che da inizio Ottocento introdussero più di 15.000 specie diverse. La cura dei giardini fu appunto affidata dapprima a Luigi Villoresi, compilatore del primo “catalogo” di piante e tra i fondatori della locale scuola per giardinieri, poi a Giovanbattista Rossi e a Giuseppe Manetti, tecnico giardiniere e botanico di fama internazionale, che ebbe un ruolo fondamentale nell’introduzione di specie esotiche e rare.

Dagli anni Venti dell’Ottocento, grazie al viceré Ranieri i giardini, allora di privata proprietà degli Asburgo, sono stati accessibili al pubblico, ad eccezione di brevi periodi.

 

 

 

 

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